giovedì 17 luglio 2014

PER 9 INTERVISTATE SU 10, L'ITALIA NON È UN PAESE PER DONNE

Si sentono discriminate, con minori opportunità di carriera e stipendi più bassi rispetto ai loro colleghi uomini. E per far valere la propria opinione, devono fare la voce grossa. Queste sono solo alcune delle condizione comuni alle donne che lavorano in Italia secondo quanto emerge da un recente sondaggio condotto da Hays, uno dei gruppi leader nel recruitment specializzato, che ha intervistato un campione di 150 professioniste, chiedendo loro cosa significhi rapportarsi con capi, colleghi e dipendenti, senza rinunciare alla propria femminilità. E i risultati non sono certo tra i più rosei.

Per il 96% delle intervistate, l'Italia non è un paese che facilita il "lavoro della donna"; tra i principali problemi evidenziati, l'arretratezza culturale del nostro paese, i pregiudizi, gli scarsi incentivi per le mamme lavoratrici e, infine, le posizioni ai vertici, ricoperte quasi esclusivamente da uomini.

"Nonostante rispetto al passato siano stati fatti passi avanti, alcuni dei dati che emergono dal sondaggio fanno riflettere – afferma Sofia Cortesi, Finance Director di Hays – Le lavoratrici italiane, si sentono quasi in dovere di sacrificare qualcosa pur di perseguire il successo e la carriera. Il 43%, per esempio, afferma di aver rinunciato alla propria femminilità sul posto di lavoro, adottando un atteggiamento più maschile per potersi fare strada, mentre il 44% afferma di aver addirittura sacrificato la propria famiglia".

"La parità sul lavoro tra uomini e donne è una realtà che, al momento, esiste solo sulla cartale fa eco Erika Perez, Director Hays Executive - Le lavoratrici restano un passo indietro rispetto ai colleghi maschi, sia in termini di trattamento retributivo sia di accesso al mondo del lavoro e ai ruoli decisionali. Le donne rappresentano una grande potenzialità che, il nostro Paese, ancora non riesce a valorizzare completamente. Ciò che è auspicabile è un cambio di direzione, che annulli i pregiudizi e i preconcetti, dando alle professioniste italiane gli stessi diritti dei colleghi uomini".

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